Noi siamo flotta: “Le navi d’ossa”.

Questa è la storia di una nave nera, governata da morti. Questa è la storia di feccia che diventa flotta. Questa è la storia di Orris il Nero e di un mondo che è sottomesso alle leggi della Fanciulla, della Madre e della Megera del Mare.

So che vi avevo promesso un post a tema JoJo, ma ho dovuto effettuare una virata decisa a mancabanda perché sono incappata ne “Le Navi d’Ossa” di RJ Baker, edizioni Elara e tradotto da Francesco Vitellini (che vi consiglio di seguire su instagram!) che ho scoperto anche grazie a Chiara di ChiaramenteLeggo.

Primo di una trilogia, la storia si sviluppa nelle Cento Isole, da sempre in guerra con le Isole Gaunt nell’Arcipelago Sparso su navi costruite dalle ossa di draghi marini ormai estinti. Il nostro protagonista (di cui mi sono auto proclamata protettrice insieme a Chiara ) è Joron Twiner: per aver ucciso l’assassino del padre in duello, è stato condannato a comandare il Tild Child, una nave nera, una nave di criminali, una nave di morti. Il nostro Joron è un uomo finito: affoga nell’alcool la sua paura, l’incapacità e il dolore per la perdita e i giorni per lui sembrano essere tutti uguali fino che Lucky Meas, dama di nave , anche lei condannata, arriverà a reclamare il comando del Tild Child per portare lui e la sua ciurma malandata a dare la caccia a uno dei leggendari draghi marini le cui ossa sono tanto desiderate.

“Le Navi d’ossa” è stato portato in Italia dal suo traduttore Francesco, e non potrò mai ringraziarlo abbastanza: è un libro pieno di ritmo, di avventura e con un world building solido e ben strutturato che vorresti non finisse mai le sue pagine. Vorresti conoscere la back story di ogni personaggio, per quanto secondario possa essere. Vorresti poterti imbarcare con Lucky Meas e imparare a comandare le balestre pesanti sotto le sue urla. Vorresti poter cantare le canzoni marinaresche che sono inserite nel libro (non in stile Signore degli anelli, tranquilli, nessun Tom Bombadil qui) mentre remi sulle feluche che ti portano verso isole sconosciute dai nomi bizzarri.

Il world building,dicevamo: le Cento Isole sono un mondo governato da un matriarcato, le Bern, le donne che sopravvivono al primo parto mettendo al mondo un figlio/a in salute da poter sacrificare alle navi (solo il primogenito, per fortuna!). Da quel momento in poi saranno benedette dalla Madre, dalla Fanciulla e dalla Megera di Mare e vivranno nelle cupole a spirale. Se riusciranno a sopravvivere ai futuri parti negli anni a venire e continueranno a mettere al mondo figli sani (unito ovviamente alla capacità di sopravvivere in una corte) saliranno nella gerarchia fino a diventare Madre di Nave, Comandante della Flotta.

E gli altri? Gli Scartati, quelli con disabilità fisiche e mentali, o i figli le cui madri muoiono dandoli alla luce, sono cittadini di seconda classe si arrangiano come possono: chi è senza un braccio tradizionalmente farà il sarto, chi senza una gamba il calzolaio, gli altri fanno i pescatori, i delinquenti o provano ad entrare nella Flotta.

Ci sono tantissimi temi in questo libro: c’è l’odio verso il diverso, il nostro rapporto con la disabilità e il prezzo che le donne devono pagare per poter comandare. Ma è anche una storia di amicizia, di, come ho detto in apertura, feccia che diventa flotta e che impara a lavorare insieme, a fidarsi l’uno dell’altro e a governare una nave sotto il comando della più grande Dama di nave che ci sia, la nostra Lucky Meas. Ma c’è anche il dovere, l’accettare il proprio destino anche se questo dovesse significare morire per provare a lasciare dietro di sé un mondo un pochino migliore. C’è il gullaime, un essere a metà tra uccello e uomo che evoca il vento e credo sia uno dei più bei personaggi di questo libro insieme a Orris il Nero. E poi c’è il nostro Joron, che non riesce a cantare, e che ci presta i suoi occhi per vivere questa avventura e a cui è impossibile non affezionarsi.

Lo dico spesso, ma per questo libro ne sono veramente convinta: abbiamo bisogno di racconti come questo, così ben scritti, che ci ricordano il motivo vero per cui tutti leggiamo una volta che lasciamo da parte gli algoritmi che consigliano libri un tanto al kg spesso senza che neanche siano stati letti. Leggiamo per vivere mille avventure e la caccia ad un drago arakeesiano è un’avventura che vale la pena vivere fino in fondo, tra mari in tempesta e battaglie navali.

In aggiunta a quanto detto l’edizione in copertina flessibile (con le alette! ottimi come segnalibri) è curata nei minimi dettagli con le illustrazioni in apertura di ogni capitolo. In chiusura, vorrei ancora ringraziare Francesco per tutto il duro lavoro fatto, sia di traduzione sia di convincimento dell’editore che sono felice abbia accettato. Ora però dammi il secondo libro e nessuno si farà del male.

Spero di avervi convinto a leggere questo libro, nel caso non ci sia riuscita non vi preoccupate: ne parlerò ancora talmente tanto che vi prenderò per sfinimento! A questo proposito Chiara, Francesco, Fabiano di Leggendo e Fantasticando e Marta di Cervi alla carica faranno una live senza spoiler su Youtube il 9 marzo per parlare del libro, vi rimando ai loro canali per saperne di più!

Noi ci leggiamo la prossima settimana e non dimenticate: “Noi siamo flotta.” ma anche “CULO!”



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About Me

Classe 1988, amo leggere senza molte distinzioni di generi o mezzi. Possiedo il superpotere di riuscire a leggere ovunque e soprattutto in macchina ma il karma mi ha condannato ad essere l’autista famigliare. Benvenuti nel mio mondo!

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